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venerdì 16 novembre 2012

Digital Storytelling: creatività e tecnologia

Una narrazione digitale, una documentazione visuale di Isabel de Maurissens
Le story tales possono essere definite come "blended telling stories with digital technology” (Ohler, 2007). È il carattere blended che ne fa uno strumento didatticamente valido, perché unisce l’abilità della narrazione alle potenzialità tecnologiche. Leslie Rule definisce il digital storytelling come l'espressione moderna dell'antico mestiere di cantastorie. Una digital tale è una breve narrazione (generalmente al massimo 5 min.) di un evento che integra diversi linguaggi: alcuni tipici della narrazione, altri della sceneggiatura. L'alunno, impostando la narrazione e la sceneggiatura, sviluppa alcune abilità: capacità di scrittura e di espressione orale, abilità tecnologiche e sensibilità artistica. Possono essere utilizzate immagini, fotografie, disegni (o altro materiale scannerizzabile) video, musica, la voce o effetti sonori.
Ecco un
esempio tratto dal sito di Helen Barrett dell’Università di Alaska (http://www.storycenter.org/) creato nel marzo 2004. Un'alunna delle superiori spiega al suo professore cosa sono le narrazioni digitali e perché crearle in classe.

Storytelling: narrazione e sceneggiatura
Gli elementi essenziali non sono che una semplificazione, un punto da dove cominciare perché ci sono infinite variazioni per costruire una narrazione digitale.
I 7
elementi consigliati da Joe Lambert (Jason Ohler descrive il Center for Digital Storytelling diretto da Lambert come la “mecca” per i digital storytellers):

1.            Punto di vista. Le storie dovrebbero essere personali e autentiche.

2.            Raccontare qualcosa di cui valga la pena (“the dramatic question”).

3.            Un contenuto emozionalmente valido perché sia coinvolgente.

4.            La vostra voce. La propria voce è un elemento importante, molti studenti vogliono usare solo immagini e musica, ma l’effetto non è lo stesso.

5.            Il potere della colonna sonora, che anticipa quello che succederà.

6.            Economia. Tutti gli ingredienti (la voce, la musica, le immagini) devono essere usati in modo da interagire tra loro. Di solito non ci si rende conto che le cose da dire possono essere dette con poche immagini, poco testo e poca musica. Lasciare parlare l’implicito, le metafore.

7.            Ritmo. Il ritmo è il segreto della narrazione insieme alla vitalità. Le buone storie respirano.

I 7 elementi consigliati da Jason Ohler:

1.            Mappa. Gli studenti creano una mappa della propria storia.

2.            Feed-back da parte degli altri sulla propria storia, con l’aggiunta di eventuali elementi.

3.            Scrittura della storia.

4.            Registrazione della stessa.

5.            Ascolto e eventuale revisione.

6.            Fatto? Lo studente e il docente decidono a che punto è finito.

7.            Digitalizzazione della storia (immagine, musica , audio ecc.).

Il sito di Jason Ohler, molto incentrato sull’uso educativo delle digital story tales, pone l’accento sulla narrazione più che sulle nuove tecnologie: "una buona narrazione farà una buona digital story tale e non il contrario". Sostanzialmente Jason Ohler utilizza due approcci. Il primo, “computer based” consiste nel basare la creazione di una storia principalmente attraverso il computer (immagine, musica, usando programmi come iMovie o Moviemaker). Nell'altro approccio, chiamato “sfondo verde” la storia viene narrata in modo tradizionale filmando il protagonista con uno sfondo neutro per poi integrarlo con i multimedia. Questa seconda soluzione facilita la didattica perché l’alunno fa un’ulteriore riflessione sull’uso delle nuove tecnologie. Alcune tecniche, affini alle Digital storytelling hanno in comune alcuni elementi. I video annotation prevedono l’interattività nel filmato o nelle immagini, cioè è possibile modificare il contenuto digitale creato dall’autore. I photolanguage: sono raccolti in dossier fotografici utilizzati a scopi didattici o di orientamento, ma non prevedono la voce narrante o le riprese. Il Digital storytelling è un metodo a sé stante che utilizza alcune tecniche già note come la narrazione e la sceneggiatura unendole con creatività e autenticità.

Le comunità di Digital Tellers
"Sono le memorie della comunità, non la storia, non un archivio, non una lista di autorità ma una memoria vivente, la coscienza dell’identità collettiva intrecciato in centinaio di storie" (Lambert, 2005).
Per parlare delle comunità è necessario parlare dei centri di formazione, essi stessi comunità di Digital Storytellers. Uno dei centri più accreditati a livello mondiale è il Center for Digital Storytelling negli Stati Uniti già citato sopra.
Diretto da Joe Lambert con la collaborazione di Nina Mullen, ha organizzato decine di workshop, lavorando con molte comunità di adolescenti e di adulti intorno a un tema e una comunità: un'attività interessante del Centro sono i casi di studio dove vengono raccolte Digital storytells locale e orali su svariati temi come l'organizzazione sindacale, la prevenzione della violenza, l'handicap, i servizi sociali e salute ecc. È prevista una sezione dedicata all’educazione e all’uso delle Digital storytells nella didattica come ad esempio nell'insegnamento della lingua oppure l'educazione artistica. Un esempio è la comunità nata intorno alla Digital storytelling Iniziative del
Public broadcasting for Northerm California (KQED) . Più di 500 studenti delle scuole superiori partecipano al progetto “Coming California” sull’immigrazione in California. Quest’anno, il progetto include anche storie sul mito di sentirsi o essere della California. Il centro prevede altresì un workshop per gli insegnanti e un follow up nella scuola. Sostanzialmente, le Digital Storytells hanno la funzione di aggregare comunità. Un buon esempio è la comunità di volontari che si “raccontano” attraverso i digital story tellers (http://www.mediabridge.org.uk/sites/volunteerbritain/videos.htm).  L’Associazione Community Service Volunteers (CVS) che le rappresenta, è una delle più importanti associazioni di volontari in UK.
Un altro punto di riferimento negli stati Uniti, è la Digital Storytelling Association (http://www.storymapping.org/about.html) che ha eredito del lavoro del fondatore, artista e cantastorie dei Digital storytelling Dana Winslow Atchley. Negli anni ’80, ha condotto molti workshop, realizzando delle story tales anche per grande compagnie delle Usa come Coca Cola che si racconta attraverso digital story tale.
Anche in Europa si sono sviluppate delle correnti. In Inghilterra Daniel Meadows circa 15 anni fa, ha creato Capture Wales and Telling Lives , (http://www.bbc.co.uk/wales/audiovideo/sites/galleries/pages/capturewales.shtml)  il primo nucleo della BBC dedicato alle Digital story tales. Basandosi sulla propria esperienza di fotografo/documentalista ha anche un sito personale PhotoBus An adventure in documentary Photography (http://www.photobus.co.uk/) . La comunità documenta se stessa, ogni storia personale si potenzia grazie alle storie simili, che raccontano forse lo stesso evento ma in maniera diversa. Le storie fanno da collante tra i membri di una comunità o intorno ad una area geografica limitata o intorno ad un tema o un personaggio. Un esempio: immigrati in California oppure la comunità di aborigeni in Australia.

Mappa di localizzazione dei digital tellers
Nato da un progetto del Center fot Digital Storytelling la mappa localizza i singoli digital tellers attraverso il mondo. Originale, il seguente progetto canadese “Murmur” (http://murmurtoronto.ca/spadina/)   (doppio significato: muro e sussurro) che prevede una cartina designata di un quartiere intero di Toronto e che permette di entrare e fermarsi, davanti ad un immobile, a un semaforo, un negozio e sentire una persona che ci racconta il suo vissuto rispetto a quel luogo.

La valenza didattica e formativa delle Digital tales
I numerosi workshop sull’argomento dimostrano che è fondamentale una formazione per riuscire a comporre una narrazione digitale. Spesso, workshop e didattica si intrecciano. I workshop di solito sono previsti per i docenti ma anche per gli alunni. Ecco un esempio, di una comunità di Digital storytelling learners.
Non è un caso che le narrazioni digitali siano nate negli Stati uniti dove costruire il proprio percorso di apprendimento è la norma, dove il docente è visto come un allenatore che affianca l’alunno (Sclavi, 2003). Le materie disciplinari che potrebbero sviluppare il metodo sono molte. Il valore aggiunto delle narrazioni digitali è molto chiaro. Il sito della Carnegie Mellon University mostra un
frammento di una lezione di chimica in 3 versioni, la prima trazionale, la seconda con l'immagine e la terza integrate in una narrazione digitale. Usare le nuove tecnologie in modo creativo permetterebbe all’alunno e al docente di costruire il materiale didattico insieme. Costruendo un'esperienza che coinvolge anche la parte emotiva e non solo cognitiva.
Negli Stati Uniti esistono molte iniziative del dopo-scuola che coinvolgono ragazzi a comporre storie digitali: un esempio delle
scuole superiori (http://www.oaklanddusty.org/). Interessante è la promozione comune di un progetto tra la biblioteca pubblica e una scuola del Kentucky (Usa). La biblioteca invita a partecipare soprattutto gli studenti e li invita settimanalmente a realizzare digital story tales presso la biblioteca.
Il docente si deve impegnare ad imparare gli strumenti che gli alunni padroneggiano a casa, dice bene Jason Ohler: “ Ci siamo! I vostri studenti hanno iPods, voi avete libri, loro usano il web, voi l’enciclopedia.”
Le narrazioni digitali possono essere creati dagli insegnanti stessi nel loro percorso professionale. Questo
esempio riporta un confronto (http://www.digitales.us/story_details.php?story_id=55)  fra il proprio apprendimento e quelli degli alunni di una terza elementare.
Un
caso curioso, perché invita all’utilizzo di un altro mezzo, è questa digital story tales: Un insegnante fa un’autoriflessione sulle motivazione per le quali ha scelto la professione di insegnante e lo speaker invita gli insegnanti a sintonizzarsi su una certa frequenza radio per proseguire il dibattito e raccontare le proprie motivazioni. Molto più elaborato il seguente esempio (http://www.inanimatealice.com/) (visionare il primo episodio "Cina") scritto da Kate Pullinger e diretto da Chris Joseph che ha vinto molti premi. Siamo all'inizio del XXI° S., una bambina di 8 anni, cerca, con la madre, il padre disperso in Cina. Molto ricchi la comunicazione, il ritmo e gli strumenti multimediali usati.
Il metodo è oggetto di un
master of arts in telecommunications - digital storytelling- presso la Ball University negli Stati Uniti. Lo slogan è: "cattura la potenza delle tecnologie/trasforma la tue competenze con le nuove tecnologie applicate ai media/crea una narrazione digitale unica".
Anche in Italia è stato sperimentato il metodo nell’ambito del progetto Europeo
eTwinning (http://etwinning.indire.it/home.php?) gemellaggio elettronico tra scuole europee, gestito per l'Italia da INDIRE, ora ANSAS (Agenzia Nazionale per lo Sviluppo dell'Autonomia Scolastica) (http://www.indire.it/) . Antonella Ortis, insegnante di lingua inglese dell''ITC "A.Gramsci" di Padova insieme al collega svedese Niilo Alhovaara, nella classe terza AE ha dato il seguente compito: racconti la storia della tua famiglia e in nella seconda AE: "raccontati in più lingue" insieme alla collega Elisabetta Doria di lingua tedesca. Adriano Scabardi, insegnante di matematica e fisica ma anche webmaster del sito della scuola, ha seguito il viaggio, di Giulia Montinaro della quarta A dell'ITC Scalcerle di Padova, una narrazione digitale di un viaggio in uno dei sette Emirati Arabi Uniti (http://www.istituto-scalcerle.it/blog/?page_id=58).  Qui è Kabir? Ecco un autoritratto nell'ambito dell'esperienza, (http://lnx.itcslazzari.it/venet/?page_id=66) mi racconto condotta dalla prof. Lucia Peretta, insegnante di matematica presso la scuola media di Vigonovo, nell'ambito del progetto di rete Venet school webzinecast (http://lnx.itcslazzari.it/venet/) di cui è referente Antonella Solida, insegnante di matematica e informatica presso l'ITCS Lazzari di Dolo.

La valenza documentaria delle Digital tales
Le narrazioni sono digitali e vengono conservate come tali, sono born digital, non assolvono solo ad una funzione di conservazione e di raccolta ma anche di scambio e di aggregazione di comunità o di interessi. Per il momento le narrazioni digitali non sono molto numerose e sono più o meno tutte raggruppate per tema, per filone, per cui sono facilmente rintracciabili, ma per l'estrema duttilità del metodo, si stanno diffondendo. In tale caso, trattandosi di una documentazione visuale, si potrebbero applicare loro i nuovi sistemi di visual retrieval. Si tratta di una tecnologia di archiviazione e recupero di oggetti digitali definita content based che va a cercare direttamente il contenuto visivo dei documenti, in opposizione ai tradizionali sistemi di indicizzazione e ricerca basati su parole chiave o descrittori definiti, term-based (Raieli, 2001). Oltre alla modalità semantica, il sistema ha altre quattro modalità di ricerca: formale, strutturale, coloristica e parametrica.
Le narrazioni digitali possono essere intese come documentazione visuale, memoria visiva di un unico soggetto, l'alunno, di una classe, di un
momento didattico ma possono rappresentare anche le memoria e le conoscenze di un'intera scuola ….


 

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